sabato 7 marzo 2015

Giù il prezzo del petrolio, ma la benzina? Gli impegni europei e i silenzi di Renzi.


Un risparmio per l’Italia di 24 miliardi di euro l’anno. Secondo Confindustria è questo il “regalo” legato al crollo del prezzo del petrolio nell’ultima parte del 2014. Da 108 dollari medi al barile il prezzo è arrivato a 45 dollari negli ultimi mesi dell’anno.

Ma quanto di questo presunto risparmio tocchiamo con mano facendo il pieno?

Assopetroli e Figisc-Confcommercio sostengono che in media nel mese di dicembre 2014, quando i prezzi dei carburanti hanno raggiunto i minimi da oltre cinque anni, il fisco ha pesato per il 64,45% sul prezzo della verde. Cosa sta succedendo?

Le ripercussioni del ribasso del greggio su tutti i paesi importatori saranno importanti, sia sul versante di risparmio netto nella bolletta petrolifera, sia sul risparmio derivato dall’importazione di altri prodotti come il gas.

L’importante vantaggio come si dovrebbe ripercuotere in termini pratici nelle tasche degli italiani?

Il risparmio netto del nostro paese sull’acquisto di petrolio è stimato dal Centro Studi di Confindustria in 2.114 miliardi di dollari annui. Questo è uno stimolo esogeno ai consumi e agli investimenti.

Continuando con i numeri, il vantaggio è previsto che influisca sulla crescita del PIL italiano di 0,6% nel 2015 e dell’1,1% nel 2016 sulle stime.

Alla luce di questi dati incoraggianti il governo tace. Sebbene l’Italia benefici di questa spinta, la spesa delle famiglie italiane potrebbe essere aiutata in maniera significativa azionando un moltiplicatore semplice: la detassazione. 

Le tasse sul principale derivato del greggio, la benzina, sono rimaste invariate. Seppur i consumatori traggono vantaggio da questa discesa lo fanno in misura minore rispetto agli altri paesi europei, dove le accise sono decisamente più basse.  Come si evince dal grafico riportato, l’Italia è sempre al primo posto quando non dovrebbe esserlo. La tassazione, anche in questo caso, peserà come un freno invece che come un traino.


Fonte: OpenMag.org. In rosso il diesel e in azzirro la benzina


I governi degli ultimi cinque anni hanno aumentato le accise 10 volte e due volte l’Iva. Ad oggi, secondo i dati dell’Unione Petrolifera, l’84-85% degli aumenti registrati dal 2010 sono stati di natura fiscale. 

In questo contesto, il governo ha previsto ulteriori aumenti fino al 2021 a causa di altre clausole di salvaguardia del patto di stabilità contenute in vari provvedimenti legislativi per un totale di 2,5 miliardi (3,2 se dovesse scattare la clausola del decreto Imu).

L’Europa veglia come un falco sull’operato italiano, se il Governo nel 2015-2018 non riuscirà a rispettare i vincoli di bilancio potrà aumentare le accise sui carburanti e l'Iva per un totale di 53 miliardi in tre anni. Renzi si è ben guardato dal pubblicizzare questo dettaglio che svelerebbe i tranelli dietro la pseudo tregua con Bruxelles.





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