Il Tribunale di Milano, ha emesso lo scorso 25 maggio un’ordinanza,
con cui ha imposto uno stop ad Uber Pop sul territorio nazionale. Il 9 luglio
inoltre ha respinto il reclamo presentato da Uber contro il provvedimento. Uno stop quindi definitivo per ora.
Ecco tutto quello che c'è da sapere in 10 punti.
Il ricorso, depositato in data 20/3/2015, ha avuto come esito un’ordinanza emessa il 25/5/2015, quindi in soli due mesi.
4) Periculum in mora secondo il giudice. Il periculum in mora, nel caso specifico, è stato individuato nel mancato guadagno dei tassisti durante il tempo del processo alla luce di particolari circostanze. Il giudice, infatti, rileva che «la prestazione del servizio contestato sia legata ad un fenomeno in rapida evoluzione e rispetto al quale le società resistenti hanno programmato un’imminente ulteriore estensione ad altre città italiane» (punto 8 dell' ordinanza*). Il servizio Uber Pop è stato infatti lanciato in Italia da circa un anno, con crescente successo, a cui hanno contribuito l’eccezionale capacità di diffusione del web e l’intensa promozione del servizio. Tali motivi rendono «attuale e sussistente la necessità di provvedere in via d’urgenza in quanto gli effetti pregiudizievoli nel settore – ove si attendesse l’esito di una causa di merito – risulterebbero non compiutamente risarcibili in termini esclusivamente pecuniari» (punto 8*).
* i punti specificati si riferiscono alla prima ordinanza emessa.
Ecco tutto quello che c'è da sapere in 10 punti.
1) Al centro del mirino c'è il servizio Uber Pop. Si tratta di un’applicazione online che permette di contattare un autista Uber. In base alla sua
disponibilità e alla geolocalizzazione, l’autista più prossimo si reca a
prelevare l’utente per iniziare il trasporto in qualunque punto della città. Al
contrario di altri servizi offerti da Uber, l’autista di Uber Pop utilizza la propria
autovettura privata. Le tariffe sono più economiche rispetto a quelle di un
taxi tradizionale e si paga mediante cellulare, con addebito sulla carta di
credito registrata. In Italia, prima dell’ordinanza in questione, il servizio
sarebbe stato disponibile in quattro città: Milano, Genova, Padova, Torino (a
Roma con altri tipi di servizi, ma non Uber Pop). Perché i taxi (lobby d'eccellenza italiana) si sono infuriati?
2) Alcune società di radio taxi di Milano, Torino e Genova, ed alcune organizzazioni
sindacali e associazioni di categoria hanno avviato una
causa contro Uber, al fine di inibire, in via
cautelare, il servizio Uber Pop in Italia. L’accusa è di concorrenzasleale ex art. 2598 n.3 codice civile (c.c.). Secondo i ricorrenti, Uber Pop permette di ottenere un
servizio identico a quello pubblico offerto da un radio taxi, ossia da un taxi
dotato dell’apparecchiatura che mette in comunicazione taxista ed utente anche
a distanza. In breve, Uber Pop sarebbe un servizio taxi abusivo, dato che Uber
non rispetta le regole di natura pubblicistica previste per il settore.
Le
regole di natura pubblicistica si basano, in primo luogo, su requisiti
soggettivi, cioè le qualità che gli operatori di trasporto pubblico non di
linea devono possedere.
In
secondo luogo, disciplinano le modalità di svolgimento del servizio stesso.
La conseguenza del
mancato rispetto di tali regole da parte di Uber è il vantaggio concorrenziale
all’interno del medesimo mercato: gli autisti di Uber Pop non sostengono
determinati costi imposti, invece, ai tassisti regolari e, grazie a ciò,
riescono ad offrire prezzi sensibilmente inferiori alle tariffe di
quest’ultimi.
3) I tassisti, hanno agito in Tribunale in via
cautelare, ossia chiedendo un procedimento d’urgenza ex art. 700 codice di procedura civile (c.p.c.). La ratio dei procedimenti
cautelari risiede, infatti, nella necessità di celerità, volta ad evitare che
durante il tempo necessario allo svolgimento di un processo in via ordinaria
(cioè, semplificando, il normale svolgimento del processo), il diritto di cui
si chiede tutela corra il rischio di venire pregiudicato in modo irreparabile.
I
requisiti necessari per ottenere un provvedimenti d’urgenza sono due:
- il periculum
in mora, cioè il pericolo di pregiudizio al diritto a causa del ritardo
nell’ottenere tutela in via ordinaria. Tale pregiudizio deve essere imminente e irreparabile (ex art. 700
c.p.c.);
- il fumus
boni iuris, ossia l’accertamento della sussistenza di un diritto in capo al
ricorrente, sulla base di una cognizione semplificata. Il ricorso, depositato in data 20/3/2015, ha avuto come esito un’ordinanza emessa il 25/5/2015, quindi in soli due mesi.
4) Periculum in mora secondo il giudice. Il periculum in mora, nel caso specifico, è stato individuato nel mancato guadagno dei tassisti durante il tempo del processo alla luce di particolari circostanze. Il giudice, infatti, rileva che «la prestazione del servizio contestato sia legata ad un fenomeno in rapida evoluzione e rispetto al quale le società resistenti hanno programmato un’imminente ulteriore estensione ad altre città italiane» (punto 8 dell' ordinanza*). Il servizio Uber Pop è stato infatti lanciato in Italia da circa un anno, con crescente successo, a cui hanno contribuito l’eccezionale capacità di diffusione del web e l’intensa promozione del servizio. Tali motivi rendono «attuale e sussistente la necessità di provvedere in via d’urgenza in quanto gli effetti pregiudizievoli nel settore – ove si attendesse l’esito di una causa di merito – risulterebbero non compiutamente risarcibili in termini esclusivamente pecuniari» (punto 8*).
Il
giudice rileva inoltre la peculiare e stringente attualità di tale pregiudizio
legata all’Expo 2015, dal momento che, in occasione di detta manifestazione,
sono attesi un numero elevato di visitatori. Se è vero che ciò interessa
direttamente la sola città di Milano, tuttavia il potenziale attrattivo di Expo
2015 appare suscettibile di ampliare «l’afflusso turistico in altre città
italiane tra le quali anche quelle ove operano parte degli odierni ricorrenti»
(punto 8*).
5) La posizione di Uber. Le società del gruppo Uber si sono difese invocando l’autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., sostenendo la libertà da parte dell’ utente e del conducente Uber di stipulare un contratto. Inoltre, secondo loro, non si tratta di un servizio di trasporto pubblico e perciò non sono violate le norme pubblicistiche. Hanno poi presentato un’interpretazione dell’art. 2598 c.c. alla luce dell’art. 41 della Costituzione, ossia facendo riferimento alla libertà di iniziativa economica e all’interesse della collettività, anche in lettura conforme coi principi antitrust, che si oppongono a monopoli e a forme anticoncorrenziali. Da ultimo, hanno affermato che i principi del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea relativi alla libertà di stabilimento delle imprese, alla libera prestazione servizi e alla concorrenza imporrebbero una ricostruzione evolutiva del quadro normativo nazionale.
6) Il giudice non ha ritenuto di accogliere gli argomenti presentati da Uber. L’attuale quadro normativo italiano è chiaro: alla luce degli artt. 2 L. 21/92, degli artt. 82 e 86 C.d.S., nonché dei singoli regolamenti comunali relativi al servizio taxi, è impossibile che un servizio analogo possa esser svolto da un soggetto privo di licenza. L’autista che svolge il servizio di trasporto urbano non di linea senza licenza pone in essere una condotta materiale vietata dal Codice della Strada e dalla normativa statale, regionale e comunale che regola i servizi pubblici locali non di linea.
7)
La differenza tra car
sharing (lecito) e UBER POP (illecito). Le società
resistenti avevano anche sostenuto che Uber Pop costituisce «espressione della
nuova concezione di utilizzazione dell’autovettura in maniera condivisa, al
fine di abbattere i costi di impiego dell’auto privata» (punto 6*). Il
giudice tuttavia nega che Uber Pop possa paragonarsi ad altre forme lecite di
condivisione di trasporto su strada, come il car sharing.
10) Chi stiamo proteggendo? La legge è chiara ed è chiaro anche lo stop. Detto questo, i taxi rappresentano una categoria protetta e fin troppo tutelata a mio avviso. Uber Pop funziona in tantissimi paesi e da noi no. La concorrenza in settori come quelli del trasporto pubblico migliora i servizi e i prezzi, esattamente come è successo per Trenitalia e Italo, i treni son migliorati e i costi pure. Quanto ci metterà la legge italiana ad adeguarsi affinché anche noi italiani potremmo usufruire di UberPop? Staremo a vedere.5) La posizione di Uber. Le società del gruppo Uber si sono difese invocando l’autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., sostenendo la libertà da parte dell’ utente e del conducente Uber di stipulare un contratto. Inoltre, secondo loro, non si tratta di un servizio di trasporto pubblico e perciò non sono violate le norme pubblicistiche. Hanno poi presentato un’interpretazione dell’art. 2598 c.c. alla luce dell’art. 41 della Costituzione, ossia facendo riferimento alla libertà di iniziativa economica e all’interesse della collettività, anche in lettura conforme coi principi antitrust, che si oppongono a monopoli e a forme anticoncorrenziali. Da ultimo, hanno affermato che i principi del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea relativi alla libertà di stabilimento delle imprese, alla libera prestazione servizi e alla concorrenza imporrebbero una ricostruzione evolutiva del quadro normativo nazionale.
6) Il giudice non ha ritenuto di accogliere gli argomenti presentati da Uber. L’attuale quadro normativo italiano è chiaro: alla luce degli artt. 2 L. 21/92, degli artt. 82 e 86 C.d.S., nonché dei singoli regolamenti comunali relativi al servizio taxi, è impossibile che un servizio analogo possa esser svolto da un soggetto privo di licenza. L’autista che svolge il servizio di trasporto urbano non di linea senza licenza pone in essere una condotta materiale vietata dal Codice della Strada e dalla normativa statale, regionale e comunale che regola i servizi pubblici locali non di linea.
Secondo
il giudice, il controllo sull’accesso al
mercato dei servizi pubblici non di linea non confligge con i principi di
libera concorrenza, neanche a livello di diritto dell’Unione europea. L’art. 41
Cost. prevede infatti che la libera iniziativa economica privata possa essere
oggetto di regolazione ed indirizzo (comma 2).
Il
car sharing presuppone che l’autista
abbia un suo percorso personale da svolgere, per un interesse proprio e che «in
genere le quote richieste ai partecipanti si riducono alla divisione del prezzo
della benzina e dei pedaggi autostradali» (punto 6*). Pertanto non si tratta di
un uso del veicolo nell’interesse dei terzi con conseguente inapplicabilità
delle sanzioni previste dall’art. 82 C.d.S.
Nel
servizio Uber Pop, invece, «l’autista non ha un interesse personale a
raggiungere il luogo indicato dall’utente e, in assenza di richiesta, non darebbe
luogo a tale spostamento» (punto 6*).
8) L’ultima tappa della
vicenda: Uber perde anche il reclamo. Avverso
l’ordinanza del giudice monocratico, Uber ha proposto reclamo, che, in base
all’art. 669 terdecies c.p.c., viene rivolto allo stesso Tribunale, ma in
composizione collegiale e senza la presenza del giudice che si era precedentemente
pronunciato sul medesimo caso. Il 9 luglio, il collegio ha però respinto
il reclamo.
Ecco la nuova ordinanza. Inoltre alla legge 21/1992 è stata proposta una modifica, che prevederebbe l'aggiunta dell'articolo 3bis che intende disciplinare i serivizi come Uber Pop e invoca espliciti requisiti da seguire per poter essere legali (ecco i punti della modifica all'articolo 3)
Ecco la nuova ordinanza. Inoltre alla legge 21/1992 è stata proposta una modifica, che prevederebbe l'aggiunta dell'articolo 3bis che intende disciplinare i serivizi come Uber Pop e invoca espliciti requisiti da seguire per poter essere legali (ecco i punti della modifica all'articolo 3)
Leggendoli è facile capire quanto il servizio Uber Pop per come è concepito farebbe molta fatica ad adeguarsi ma sarebbe un primo passo verso l'apertura.
9) Non finisce qui. Di certo la vicenda non è destinata ad esaurirsi qui. In base
all’ordinamento giuridico italiano attuale, Uber Pop è dunque un servizio
abusivo. Per renderlo “legale” servirebbe probabilmente la predisposizione di
nuove norme. Le associazioni dei taxi rimangono sul piede di guerra e Uber,
d’altra parte, non sembra disposto ad arrendersi. La questione è complessa e
coinvolge numerose considerazioni. Se però Uber
rappresenta veramente il nuovo che avanza, sarà difficile fermarlo.
* i punti specificati si riferiscono alla prima ordinanza emessa.
di Anna Ferrari & Simona Gaudiosi
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