
Se via terra
si è pensato ad ammodernare la via della seta storica, attraverso accordi
stipulati con l'Unione Europea; oggi si punta al raddoppio, istituendo via mare
una rotta commerciale che passa per l'Oceano Indiano e attraversa il continente
nero.
I cinesi non
badano a spese. Tre miliardi e mezzo di dollari è l'investimento iniziale che
la Exim Bank farà per la realizzazione di una ferrovia transnazionale che
faciliti la distribuzione di merci dagli hub portuali più attivi, come il porto
di Mombasa, in Kenya, ad altri paesi dell'Africa subsahariana, come l'Uganda,
il Ruanda, la Tanzania e il Sud Sudan, e di cui si assumerà il 90% dei costi di
realizzazione.
La presenza
cinese nel continente non è un fenomeno recente, i primi rapporti commerciali
con paesi come la Tanzania risalgono ormai a 45 anni fa. Negli ultimi vent'anni
il Paese di Mezzo ha progressivamente intensificato le relazioni economiche con
l'Africa, arrivando a scavalcare gli Stati Uniti come primo partner
commerciale. Dal 2005 al 2012 le autorità cinesi sostengono che gli
investimenti diretti esteri sono sestuplicati, passando da 392 milioni a 2,5
miliardi di dollari, mentre lo scambio commerciale complessivo ha superato i
200 miliardi nel 2014.
L’Africa subsahariana rappresenta la
promessa di un El Dorado, noi non ci siamo i cinesi si. La Banca Mondiale calcola per quest’area una crescita
del PIL del 4,5% nel 2014 e le previsioni per i prossimi tre anni sembrano
confermare la tendenza, tanto che è stimato il raggiungimento del 5,1% entro il
2017 come si vede dal grafico, una crescita che in Europa ci sognamo.
I rapporti
economici con la Cina sono caratterizzati da una concentrazione
settoriale: i cinesi importano petrolio (64%), minerali (22%) e manufatti (8%)
evidenziando un forte interesse di sfruttamento delle risorse naturali.
L’Africa li rifornisce con 1,2 milioni di barili di greggio al giorno, che
ammontano al 24% del suo approvvigionamento energetico totale. Al contrario, le
esportazioni cinesi riguardano macchinari ed attrezzature per il trasporto,
seguite da manufatti e tessuti.
I rapporti cinesi
in Africa non sono solo hard, fatti di cemento e asfalto, ma riguardano anche
i settori della cultura e delle telecomunicazioni, esercitando quel potere soft
che facilita l'accettazione sociale dei cambiamenti in atto.
Nel 2009,
l'ex presidente Hu Jintao ha assistito alla cerimonia di inaugurazione di un complesso
sportivo da 56 milioni di dollari dedicato alla cultura cinese a Dar Er Salham,
in cui ha firmato un’intesa da 4,4 milioni per riabilitare i canali radio e tv
delle emittenti di Stato nell’arcipelago di Zanzibar. Se le nostre generazioni
sono cresciute con il grande cinema hollywoodiano, in prospettiva possiamo dire
che le future generazioni africane cresceranno guardando le pellicole prodotte
ad Hong Kong.
La sinergia
si spiega nella complementarietà economica esistente tra le due aree: se da un
lato l’Africa è carente di centrali elettriche, reti di telecomunicazioni e
trasporto, strutture igienico-sanitarie la Cina oggi possiede una delle più
competitive industrie di costruzioni civili.
L'importanza
del settore energetico per l'economia cinese porta ad evidenti squilibri nella
geopolitica africana: se i paesi con risorse energetiche sono il centro degli
investimenti cinesi con i quali poter accumulare deficit commerciali, quelli
privi di materie prime sono costretti, al contrario, ad importare prodotti
cinesi a maggiore valore aggiunto e quindi necessariamente ad ingigantire il
proprio deficit.
L’entrata in scena del gigante
cinese in queste economie con enormi potenziali di crescita, ha radicalmente
mutato gli equilibri economici e politici dell’intera area subsahariana. Il
faro è puntato su come questo scambio possa creare vantaggi per entrambi i
protagonisti e non solo per gli eredi di Mao Zedong.con la collaborazione di Andrea Pomella
La Cina è ovunque, questa è l'ennesima prova. Ma il tema è, l'Europa dov'è?
RispondiEliminaL'Italia??
Frank