Un
risparmio per l’Italia di 24 miliardi di euro l’anno. Secondo Confindustria è
questo il “regalo” legato al crollo del prezzo del petrolio nell’ultima parte
del 2014. Da 108 dollari medi al barile il prezzo è arrivato a 45 dollari negli
ultimi mesi dell’anno.
Ma
quanto di questo presunto risparmio tocchiamo con mano facendo il pieno?
Assopetroli
e Figisc-Confcommercio sostengono che in media nel mese di dicembre 2014,
quando i prezzi dei carburanti hanno raggiunto i minimi da oltre cinque anni,
il fisco ha pesato per il 64,45% sul prezzo della verde. Cosa sta succedendo?
Le
ripercussioni del ribasso del greggio su tutti i paesi importatori saranno
importanti, sia sul versante di risparmio netto nella bolletta petrolifera, sia
sul risparmio derivato dall’importazione di altri prodotti come il gas.
L’importante
vantaggio come si dovrebbe ripercuotere in termini pratici nelle tasche degli
italiani?
Il
risparmio netto del nostro paese sull’acquisto di petrolio è stimato dal Centro
Studi di Confindustria in 2.114 miliardi di dollari annui. Questo è uno stimolo
esogeno ai consumi e agli investimenti.
Continuando
con i numeri, il vantaggio è previsto che influisca sulla crescita del PIL
italiano di 0,6% nel 2015 e dell’1,1% nel 2016 sulle stime.
Alla
luce di questi dati incoraggianti il governo tace. Sebbene l’Italia benefici
di questa spinta, la spesa delle famiglie italiane potrebbe essere aiutata in maniera
significativa azionando un moltiplicatore semplice: la detassazione.
Le
tasse sul principale derivato del greggio, la benzina, sono rimaste invariate.
Seppur i consumatori traggono vantaggio da questa discesa lo fanno in misura
minore rispetto agli altri paesi europei, dove le accise sono decisamente più
basse. Come si evince dal grafico
riportato, l’Italia è sempre al primo posto quando non dovrebbe esserlo. La
tassazione, anche in questo caso, peserà come un freno invece che come un
traino.
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Fonte: OpenMag.org. In rosso il diesel e in azzirro la benzina |
I
governi degli ultimi cinque anni hanno aumentato le accise 10 volte e
due volte l’Iva. Ad oggi, secondo i dati dell’Unione Petrolifera, l’84-85%
degli aumenti registrati dal 2010 sono stati di natura fiscale.
In
questo contesto, il governo ha previsto ulteriori aumenti fino al 2021 a causa di altre clausole di salvaguardia
del patto di stabilità contenute in vari provvedimenti legislativi per un
totale di 2,5
miliardi (3,2 se dovesse scattare la clausola del decreto Imu).
L’Europa veglia come un falco sull’operato italiano,
se il Governo nel 2015-2018 non riuscirà a rispettare i vincoli di bilancio
potrà aumentare le accise sui carburanti e l'Iva per un totale di 53 miliardi
in tre anni. Renzi si è ben guardato dal pubblicizzare questo dettaglio che
svelerebbe i tranelli dietro la pseudo tregua con Bruxelles.
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